Ottantacinque studenti da 27 Paesi: Pollenzo celebra i suoi nuovi laureati, continuando con l’ormai tradizionale cerimonia iniziata nel 2012. Una giornata di festa in cui i giovani studenti celebrano il loro ambito traguardo, seguendo il rituale che li vuole in tocco e tabarro, la tipica mantella nera di Langa. Ad accoglierli oggi pomeriggio nella chiesa parrocchiale di San Vittore il corpo docente, il rettore Piercarlo Grimaldi, il presidente dell'Università Carlo Petrini, e alcuni ospiti di eccezione: Carlo De Benedetti, Moni Ovadia e Dario Fo.
Ed è proprio il rettore Grimaldi a salutare i ragazzi che in corteo fanno il loro ingresso in chiesa: «Da oggi comincia la vostra avventura nel mondo del lavoro ma il vostro percorso formativo rimarrà per sempre un importante momento di crescita individuale e collettiva. Siate ambasciatori di un cibo liberato, buono, pulito e giusto» . E ricorda: «Quest’anno celebriamo il decimo anno della fondazione dell’Università e per questo vi invitiamo qui a Pollenzo tra il 14 e il 19 giugno per unirvi ai festeggiamenti».
«La grande sfida inizia ora, e mi raccomando, mantenete sempre l’umiltà di voler imparare, di voler capire. Perché non ci si ferma mai, né nei momenti felici, né in quelli difficili, e proprio questo è il bello della vita», continua Carlo Petrini. «E ora preparatevi per gli appuntamenti che segneranno il nostro ritrovarsi, dal decennale a Terra Madre. E in qualunque parte del mondo vi troverete, ricordatevi che siete parte di questa comunità, mantenete i contatti con chi avete incontrato qui a Pollenzo, rinsaldate la rete che state creando. Avete dato molto di più a me di quanto io abbia dato a voi, e ora che ci lasciate vi ringraziamo per essere stati qui. Siate coraggiosi, siate forti e il nome di Pollenzo resti nel vostro cuore».
Congratulandosi con i neo dottori, Carlo De Benedetti racconta la sua laurea, quando ha discusso la tesi durante il servizio militare: «sono andato alla cerimonia vestito da Alpino, magari anche questo mi ha aiutato a prendere qualche punto in più!». E continua: «Avete scelto una professione che mi convince tantissimo, perché è un mestiere in cui sarete voi i veri protagonisti, con la vostra creatività, la vostra fantasia e le opportunità che saprete crearvi senza bisogno di armature esterne. Vi avventurerete nel mondo dell’immateriale e delle eccellenze, fatto di odori, profumi e sapori».
Ed è con la solita ironia che lo scrittore Moni Ovadia saluta i giovani: «Se non avessi finito gli studi mia mamma sarebbe sicuramente tornata dall’aldilà per farmi laureare! In realtà ho sempre amato studiare, anche se non ho mai capito perché dovessi sostenere gli esami. Lo studio è stato per me il senso stesso della vita, ed è proprio questo che vi auguro, di continuare a studiare sempre, perché chi studia mantiene un rapporto vitale con sé stesso, si rimette continuamente in discussione. Studiare dà indipendenza, un uomo colto è e resterà sempre un uomo ricco. Voi studiate per nutrire corpo e spirito, perché il cibo non deve essere solo buono, è fondamentale sia anche pensato. E proprio per questo sarete preziosi per il nostro futuro, siatene consapevoli».
Dario Fo incanta la platea con uno sketch in grammelot, la lingua recitativa che unendo suoni e onomatopee si intuisce, prima ancora di capirla, ricordando che «la cultura ha bisogno di immaginazione per esistere, ed è questa la sua forza». E anche lui ribadisce: «Non stufatevi mai di studiare e voler conoscere. Pensate, dopo l’accademia ho frequentato matematica al Politecnico, la scienza della follia e dell’impossibile». Ed è proprio alla conoscenza, alla memoria della follia e alle culture antiche che il premio Nobel dedica il suo intervento.
«È studiando la follia del teatro che ho scoperto che i comici dell’arte avevano una cultura vastissima, conoscevano la filosofia, la geometria, erano professori e letterati. E da sempre osservo con attenzione cosa mi succede intorno, cercando di capire la verità dietro le menzogne e raccontarla nelle mie storie. Siate curiosi, cercate sempre di scoprire l’origine degli strumenti che utilizzate e degli ingredienti del vostro cibo. Non fermatevi mai a una sola conoscenza, andate avanti verso ciò che vi dà gioia e piacere». E conclude con una canzone in una lingua a noi sconosciuta, mentre il pubblico applaude, tenendo il tempo.
E via, il tocco degli studenti vola in aria mentre il coro intona La Golondrina, la rondinella che se ne va. Adios.
Articolo di REd