“Sono diventato nonno, ho tre nipoti, Isabella, Giuseppe David e Nicola, e una nomea da vagabondo già solida anche con loro”.
“Nonno, ma tu dove abiti?”, mi ha chiesto un giorno Nicola. “A casa con la nonna”, gli ho risposto. “Ma come? Ma se non ci sei mai!”. “A soli quattro anni era riuscito a sintetizzare la vita da nomade che faccio dal 1963”. Così esordisce Beppe Carletti, bandiera dei Nomadi dopo la prematura scomparsa di Augusto. Lo abbiamo ascoltato al Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino, in occasione della presentazione del suo libro “Io vagabondo. 50 anni di vita con i Nomadi”, con Gabriele Ferraris, caporedattore responsabile de La Stampa, Torino Sette.
In un salone gremito di appassionati, nostalgici e fans, Beppe ha ripercorso questi 50 anni di storia, di emozioni, di incontri, vissuti con questo gruppo (lui lo chiamava “complesso”, come usava in quegli anni), icona quasi immortale della musica italiana. Per l’esattezza, Beppe comincia la conversazione ricordando che il 18 febbraio è una data significativa per lui, perché proprio in quel giorno del 1947 nasceva Augusto Daolio. E sempre il 18 febbraio, ma del 1971, i Nomadi partecipano al primo Festival di Sanremo. Subito fuori gara. E qui si concede a un po’ di retroscena delle partecipazioni alla gara canora per eccellenza della musica italiana. Afferma, tra l’altro che “abbiamo partecipato due volte e mezza a Sanremo, perché nel 2002 Pippo Baudo ci ha chiamati sul palcoscenico (“Sangue al cuore”, poi grosso successo commerciale) a mezzanotte meno dieci, per ultimi, e a mezzanotte e cinque non c’eravamo più!”.
“Ho chiesto a Pippo, ricorda Beppe, perché eravamo fuori…”, e Pippo, con dispiacere, aveva ribadito “eh… la commissione!!!”.
“Però Sanremo è una vetrina importante perché bisogna essere se stessi”, afferma il Nomade per eccellenza. La storia che viene fuori dal libro è uno straordinario romanzo-avventura, a partire dai successi, alla caduta, ai drammi e poi di nuovo il successo! “Ho iniziato a 16 anni in una balera. Ho conosciuto Augusto sul palco. Bellissimo!!! Chi avrebbe mai pensato che saremmo diventati adulti insieme… mai avuto un diverbio, una contrarietà… 30 anni di vita insieme ad Augusto! Qualcosa da invidiare. 30 anni amici, più di amici; abitavamo a Novellara, nello stesso paese. Crescere insieme, abbiamo condiviso tutto, tante gioie, qualche dolore”.
Beppe ricorda, con emozione, quegli anni fantastici dell’adolescenza, della prima gioventù, gli anni di “Dio è morto”, censurata, delle prime offerte di qualche produttore. “Cosa stai a fare a Novellara, ma dai vieni via, a Milano”, incalzava un amico discografico. “Ma noi non abbiamo mai cercato una Casa discografica, a quell’epoca si poteva vivere di musica! Niente pubblicità.” E poi ricorda le esperienze del Cantagiro, il Giro d’Italia della canzone, inventato da Ezio Radaelli, dalla Sicilia al Piemonte. Tanti cantanti, gruppi in macchina attraversavano l’Italia a tappe durante il giorno e poi la sera negli stadi. Si vincevano le tappe, si viaggiava in colonna (allora si poteva fare). Siamo nella seconda metà dei favolosi anni ’60. “Abituati a esibirci nelle balere, ricorda Beppe, cantavamo poi davanti a ventimila persone, col massimo stupore… “Augusto vieni, guarda…uhhh la Madonna!!!”.
Come potete giudicar, Dio è morto,Canzone per un’amica, anche questa censurata per il contenuto, sono stati i brani presentati in quegli anni. Era l’epoca dei capelloni, della contestazione, dei temuti capelloni. “Un giornalista del Corriere della Sera, ricorda, scrisse addirittura di mettere a muro i capelloni…! A un passaggio a livello chiuso, un signore ha cominciato a tirare sassi contro di noi. Oddio!!! Ma il Cantagiro rimaneva una bella cosa!” E poi vengono gli anni difficili, finita l’epoca della contestazione. Un disco per l’estate, la bella manifestazione canora in TV, finestra dei successi per la stagione balneare.
Finiva il 45 giri e partiva il 33 giri, il padellone con tante canzoni raccolte. L’album “Noi ci saremo”, Guccini, poi la crisi! Irrompe la Disco-Music che ha ammazzato tanti gruppi e cantanti. “Ci siamo resi indipendenti, niente casa discografica, bisognava ricominciare, reinventarsi tutto!”. Ma i concerti continuavano nelle feste di paese. “I piccoli paesi sono le nostre grandi città… la nostra storia nasce da lì, i valori della gente, la vita è diversa. E’ bellissimo cantare in una piazza di paese, la piazza è un palcoscenico incredibile, sei libero di esprimerti, comunichi con la gente!”
Richiamati dalla CGD, casa discografica importante di allora, siamo rientrati nella discografia ufficiale. “Speriamo di non vendere molti dischi, diceva Augusto, voglio tornare nelle piazze”. Ma ecco che ancora una volta il destino si accanisce sul gruppo. 1990-91: è crollato il mondo!!! La malattia di Augusto, la morte del bassista in un incidente stradale “Se uno avesse voluto scrivere la fine del gruppo, non l’avrebbe scritta sicuramente così! La vita mi ha tolto due amici, un prezzo molto alto… che cosa mi merito… volevo smettere!" Da allora i Nomadi cambiano spirito e diventano un’idea. Nasce l’Associazione “Augusto per la vita”, iniziano i concerti di solidarietà, iniziative per le popolazioni e soprattutto per i bambini disagiati. L’incontro con il Dalai Lama. I viaggi umanitari in Madagascar, in Cambogia.
“Ti senti uno dei Nomadi?” è stata l’ultima domanda. “Mi sento nomade, uno dei Nomadi, mi sento me stesso, mi diverto, sono sempre con la valigia pronta per partire. E’ bello prendere la valigia e andare… cantare tra la gente che canta, che sorride! E’ la professione più bella del mondo, come quella degli artisti in genere. La musica dà emozioni, è vita, fai felice la gente!” Al 22° anniversario della morte di Augusto, sulla tomba mi veniva da sorridere… dopo 22 anni c’ancora un amore grande… un amore per un amico che vive sempre!!!”. Bravo Beppe, sei un grande anche tu.